Paola :: Navi dei veleni: le dichiarazioni del pentito Francesco Fonti.
Ma Fonti queste cose le aveva dette più volte, nel 2006 venne interrogato a Milano per l’ennesima volta ed egli in quell’occasione precisò anche il numero dei fusti radioattivi, ossia 120. I racconti di Fonti sono pieni di particolari quando parla di rifiuti tossici. Spiega di come le scorie partissero dal Centro di Trisaia Enea di Rotondella a due passi dal mar Jonio, al confine tra Calabria e Basilicata. Ai magistrati ricostruisce un trasporto del 1987 fatto con 40 camion partiti nella notte. Una decina finirono interrati nella zona di Pisticci, gli altri furono imbarcati verso la Somalia per essere scaricati a Bosaso ed essere interrati sotto la strada che porta a Marca, realizzata nei mesi successivi grazie al contributo della cooperazione Italiana. Il 19 Giugno scorso il Procuratore Giordano aveva notificato una proroga delle investigazioni per proseguire l’inchiesta, per avvalersi di personale specializzato con strumentazione tecnico-scientifica all’avanguardia. Si era ad un passo dall’archiviazione, quando il Procuratore Giordano ha ritenuto grazie alla sua esperienza di riaprire la partita ed i fatti gli hanno dato ragione. Ma non è solo il ritrovamento della Cunsky a preoccupare, la scoperta del relitto si porta dietro anche l’intera vicenda delle “navi a perdere”.
Lo stesso Fonti ha parlato di una trentina di affondamenti pilotati. Ed infatti sono ben 39 i casi di affondamento delle navi, verificatisi tra il 1979 e il 1995, che non convincono. Il dato emerge dall’archivio STB Italia di Genova e Milano, e da varie compagnie assicurative. In particolare va ricordato l’affondamento della motonave “Barbara” avvenuto nei pressi dell’isola di Zante nel 1982, che presenta aspetti del tutto simili a quello della “Rigel”, di quest’ultima parla anche Fonti, la nave affondò il 21 settembre 1987 al largo di Capo Spartivento. Affondamenti sospetti, sicuramente legati al traffico internazionale di rifiuti nucleari, sono anche quelli relativi alla “Mikigan”, alla “Marco Polo” alla “Koraline”, alla “Aso”, alla “Alessandro I°” alla “Four Star” ed alla “Jolly Rosso”. In quest’ultimo caso qualcosa sarebbe andato storto ed il finto naufragio non ebbe successo, la nave infatti finì per arenarsi a riva. Ricordiamo in quel caso l’indagine venne archiviata per mancanza di elementi, ma con il ritrovamento della “Cunsky” la partita si potrebbe riaprire. Infatti gli indici di radioattività rilevati sul fiume Oliva ad alcuni chilometri di distanza dal mare ed alcune morti sospette sarebbero strettamente connessi alla vicenda della nave stessa. In questi giorni è in atto una petizione popolare per la raccolte di firme da parte del comitato civico Natale De Grazia (capitano della Jolly Rosso morto in circostanze misteriose) al fine di sensibilizzare le istituzioni per fare luce sul mistero.
Non è semplice trovare i relitti e soprattutto non lo è per nessuno. Infatti a certe profondità servono mezzi tecnologici sofisticati, che forse posseggono solo gli apparati militari. Una cosa è andare a colpo sicuro avendo indicazioni abbastanza precise, un altra è procedere a tentoni avendo un’idea vaga. Questo lo dimostra il caso della “Rigel”. La nave fu cercata dall’allora pm della Dda, Alberto Cisterna. E in quell’occasione furono utilizzati i mezzi dell’Agenzia Europea per l’Energia nucleare, che avevano operato in Mar Baltico nella ricerca di sottomarini nucleari e varie attività del genere. Ma il tentativo non portò a nulla per un motivo molto semplice. A certe profondità anche le scorie radioattive non rilasciano alcuna radiazione. Non a caso il plutonio viene conservato in acqua. Questo significa che per ritrovare le altre navi bisogna operare con indicazioni ben precise dove cercarle.
E’ evidente che quando una nave viene inabissata per non essere ritrovata ad esempio perché si vuole far sparire il suo carico, basta non far sapere dove è avvenuto l’affondamento. Nel caso della “Rigel” fu inoltrato un Sos, ma a quelle coordinate non fu ritrovato nulla. Quindi si trattò di coordinate false. La Riegel inoltre ci mise oltre 18 ore per inabissarsi. E in tutto quel tempo è stata sottoposta alle correnti e spostata chissà dove. Inoltre prima di raggiungere il fondo del mare (sono migliaia di metri) la caduta non avviene in maniera perpendicolare ma varia in base alla stazza ed alle correnti. Dunque è come cercare un ago in un pagliaio, a meno che non si disponga di grossi investimenti e di mezzi tecnologicamente adeguati che sicuramente non può disporre una procura o una regione.
FareAmbiente è fiduciosa che le autorità competenti facciano luce fino in fondo alle inchieste più volte aperte e più volte archiviate per mancanza di elementi o non si sa per quale motivo. Ed una volta effettuati gli accertamenti vengano effettuati i necessari interventi di bonifica e la decontaminazione dei territori individuati. Nessuno vuole che in Calabria si possa verificare un disastro come quello di Cernobyl o addirittura peggiore proprio su quelle spiagge dove giocano i nostri bambini, si riuniscono le nostre famiglie e soprattutto dove sono concentrate speranze non secondarie di un possibile sviluppo della nostra terra.