Roma :: Legambiente presenta Ecomafia 2014.
ROMA :: 11/06/2014 :: Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013, più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare: ben il 25% del totale, con 9.540 reati, più del doppio del 2012 quando erano 4.173.
Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento. Il fatturato, sempre altissimo nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o decisamente disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di sostanziose mazzette.
E se l’aggressione ai beni comuni continua senza sosta e senza troppi scossoni, cambia la geografia degli ecocrimini, sempre più insofferente ai confini territoriali e amministrativi (sia regionali che nazionali o internazionali), così come mutano le strategie criminali e i modus operandi. I rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra, ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo, i soldi incanalati nei circuiti finanziari internazionali. Ci troviamo quindi, di fronte ad una imprenditoria ecocriminale, caratterizzata da un vivace dinamismo, a cui fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese vige ancora una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell’economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali.
Ecomafia 2014, il dossier di Legambiente che monitora e denuncia puntualmente la situazione della criminalità ambientale – dedicato quest’anno alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio – è stato presentato oggi a Roma nel corso di un convegno cui hanno preso parte la Direttrice generale di Legambiente Rossella Muroni, il coordinatore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente Antonio Pergolizzi, il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il Presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi, il Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati Donatella Ferranti, il Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Ermete Realacci, il Presidente di Legambiente Campania Michele Buonomo, il direttore di Libera Enrico Fontana, il Presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza.
“Reati ambientali e corruzione sono strettamente connessi – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. E all’inizio di quest’anno sembrava possibile uno scatto politico in avanti per affrontarli finalmente con strumenti adeguati. Il disegno di legge sui reati ambientali approvato alla Camera e la gestazione in Parlamento di un disegno di legge sulla corruzione sono iter necessari e a nostro avviso non più rinviabili. Invece, ancora una volta, sono bloccati. La commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti non è ancora operativa. E gli inquinatori festeggiano. Perché senza l’approvazione della legge che inserisce i reati ambientali nel codice penale, che seppure troppo limitata e imperfetta rappresenterebbe un chiaro indirizzo e magari anche un punto di non ritorno nella lotta alle ecomafie, sarà difficile istituire inchieste e colpire gli ecocriminali che nonostante i danni pesantissimi inferti alla comunità e all’ambiente continueranno a farla franca”.
“Ecomafia 2014 – ha dichiarato la direttrice nazionale di Legambiente Rossella Muroni – evidenzia un nuovo aspetto delle attività degli ecocriminali che si muovono con strategie sempre più sofisticate camuffate di legalità che si espandono verso nuovi settori. Sul fronte della corruzione è necessaria una risposta urgente perché è proprio l’area grigia dei funzionari pubblici corrotti che arricchisce e rende ancor più potente l’ecomafia. Nelle banche straniere transitano soldi accumulati trafficando rifiuti, prodotti alimentari contraffatti e opere d’arte rubate. Diminuisce leggermente il numero dei reati che diventano però più gravi, invasivi e pericolosi. La corruzione, la complicità di quella che abbiamo chiamato ‘area grigia’ dei funzionari pubblici consenzienti, amplifica il fenomeno che riguarda tutta l’Italia e si allarga all’Europa, danneggiando pesantemente l’economia legale, consumandone spazi e risorse e condizionando profondamente alcuni settori strategici, come quello delle rinnovabili ad esempio, dove le organizzazioni criminali investono sempre di più approfittando dei prestiti e degli aiuti europei che gli permettono di ripulire i profitti illeciti attraverso attività economiche legali”.
La lieve flessione del business ecocriminale (nel 2013 pari a quasi 15 miliardi di euro mentre era 16,7 miliardi l’anno prima), è dovuta al calo degli investimenti a rischio, passati da 7,7 a 6, in una sorta di spending review per cui diminuendo la spesa pubblica diminuiscono anche le occasioni di guadagno per le cosche. Rimane sostanzialmente invariato il business illegale dei rifiuti speciali, pari a 3,1 miliardi di euro e il fatturato dell’abusivismo edilizio, stabile a 1,7 miliardi.
Analizzando le tipologie di reato, Ecomafia 2014 evidenzia un leggero calo delle infrazioni rispetto al 2012 (-14%), dovuto soprattutto alla riduzione degli incendi, un aumento delle denunce (28.360, erano 28.132 l’anno precedente), il calo dei sequestri (7.764 nel 2013, 8.286 nel 2012), mentre il numero degli arresti rimane stabile a 160. Dal gennaio del 2013 ad aprile di quest’anno sono 21 le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso. Aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti, passando da 5.025 a 5.744, + 14,3%, con 6.971 denunce (+ 15,9%) e 90 arresti: 90 (+3,4%). Salgono anche i sequestri: 2.318, + 3,9%.
Il 40% dei reati avviene nelle 4 regioni a tradizionale insediamento mafioso, Campania in testa con 953 reati, il 17% del totale, seguita da Puglia, Calabria e Lombardia. Tra le provincie, prima è Napoli seguita da Roma quindi Reggio Calabria e Salerno.
Nel ciclo del cemento calano i reati: 5.511 nel 2013 (-12,7%, erano 6.310 scorso anno) e salgono gli arresti (21), calano denunce (7.155) e sequestri (1.566). Il 44,2% dei reati avviene nelle 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa, Campania in testa, seguita da Puglia, Calabria, Lazio, Sicilia e Toscana. Napoli è la provincia più colpita.
Eclatante il boom dei reati nel settore dell’agroalimentare che dai 4.173 reati del 2012 passa a ben 9.540 con il raddoppio delle denunce e 57 persone arrestate.
Salgono anche i reati contro la fauna con infrazioni per commercio illegale di specie protette, abigeato, bracconaggio, allevamenti illegali, pesca di frodo, maltrattamenti e combattimenti clandestini: 8.504 totali, più 6,6%, con l’impennata degli arresti che passano da 7 a 67, 7.894 denunce e 2.620 sequestri. La maggior parte dei reati si registrano in Sicilia con 1.344 infrazioni, seguita da Campania (1.075) e Puglia (953).
Nel complesso, il 47% dei reati ambientali è avvenuto in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Regioni dove si registra anche il record delle persone denunciate (4.072), degli arresti (51), e dei sequestri (1.339).
La regione del centro Italia con più ecocrimini è il Lazio con 2.084 reati, 1.828 denunce, 507 sequestri e 6 arresti, mentre la prima regione del Nord è la Liguria con 1.431 reati. A livello provinciale la classifica vede in testa Napoli, seguita da Roma, Salerno, Reggio Calabria e Bari.
Buone notizie sul fronte incendi, che diminuiscono notevolmente: dagli 8.304 del 2012 ai 3.042 del 2013 (- 63%), dimezzate le persone denunciate (da 742 a 375) con calo degli arresti (da 21 a 7) e dei sequestri: da 154 a 88. Nonostante ciò, rimane alto il numero di ettari di superficie boscata percorsi dal fuoco: 1.304. Se la creazione del catasto delle aree bruciate e il monitoraggio messo in campo da un numero crescente di amministrazioni ha funzionato da deterrente, speriamo che il trend positivo sia confermato anche nei prossimi anni. Il fenomeno degli incendi boschivi vede la Puglia in cima alla classifica delle regioni più colpite.
Numerose truffe in questi anni hanno contaminato il mondo della Green economy e delle energie rinnovabili, un settore strategico per affrancare il paese dalle fonti fossili e per fronteggiare la crisi investendo su innovazione e tecnologie pulite che però ha subìto gli effetti della deregulation che domina il settore, permettendo a cosche e comitati d’affari spesso in joint-venture di mettere a segno colpi importanti a scapito delle imprese oneste.
Altra frontiera della criminalità organizzata risulta essere quella dei centri commerciali e della Grande distribuzione organizzata, dove ‘ndrangheta e camorra, al sud come al nord, si sono inserite come soggetto imprenditoriale a tutto tondo. Non si parla più solo di pizzo infatti, perché la criminalità si ‘occupa’ dell’intera filiera: entra nella gestione dei cantieri, controlla assunzioni e forniture, sfrutta le attività commerciali per riciclare e ripulire denaro sporco.
Per concludere, non poteva mancare un approfondimento sulla Terra dei fuochi, dove la sospensione dei campionamenti sui suoli a rischio e il mancato rispetto delle scadenze previste dalla legge sembrano l’ulteriore prova di scarsa pianificazione e coordinamento delle istituzioni. Sono tante, troppe le domande senza una risposta, a partire dal fatto che dopo vent’anni di immobilismo ora scatta l’emergenza rifiuti radioattivi. Per questo chiediamo ai ministri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali un deciso cambio di passo. Servono trasparenza e certezze sulla programmazione degli interventi e sui tempi. Occorre procedere in maniera spedita: rafforzando l’attività di repressione dei fenomeni di smaltimento illegale, dando piena attuazione ai programmi di prevenzione sanitaria e di analisi epidemiologica (buona parte dei comuni interessati sono ancora senza Osservatorio sui tumori), procedendo alla delimitazione e alla successiva bonifica delle aree contaminate.