“Attenti alle parole!” di Enrico Esposito
di Enrico Esposito
Si dovrebbe avere più cura delle parole, sempre! Sia che si scriva sui giornali o sui social sia che si parli per radio o televisione il linguaggio dovrebbe essere sempre correlato alla cosa. E’ la funzione referenziale che oggi appare più danneggiata e offesa, mentre più o meno scientemente si preferisce la funzione connotativa a quella denotativa.
Un linguaggio questo per addetti ai lavori? Proprio per niente, come si vedrà a breve. E in questo periodo pandemico, è questo un tema che ci dovrebbe appassionare? E perché no? E’ risaputo è accettato che oggi l’adagio per cui le parole sono consequentia rerum non soddisfa più. Nel suo ultimo romanzo, dal titolo Numero Zero, Umberto Eco impronta tutta la narrazione sul tema della notizia, che ovviamente richiama quello delle parole. Un tempo si diceva che è la notizia che fa il giornale, oggi invece è il giornale stesso la notizia. E allora succede che è la parola a fondare la realtà e non già il contrario. Gli effetti possono essere devastanti, se si fa ricorso a metafore, ossimori e calembours privi di referenzialità. Si vuole qui ricordare che la metafora deve poggiare su due termini di raffronto regolati dal criterio di congruità e opportunità almeno. Usciamo fuor di metafora, è il caso di dire.
Quando si paragona la pandemia ad una guerra, non solo si esagera ma si tende a far passare una non verità. Guerra di chi contro chi? Della natura contro l’uomo, si risponde da più parti. Ma se davvero fosse così, la natura sarebbe parte lesa o parte offesa, se si pensa a tutte le aggressioni che l’uomo le ha inferto. Allora si dovrebbe parlare di rappresaglia, anche se ci si verrebbe comunque a trovare su un terreno impraticabile. E se si volesse continuare, dovremmo elencare tutte le altre parole abusate in questi giorni duri e dolorosi. Per esempio: arresti domiciliari, domicilio coatto, clausura eccetera, eccetera. Non si può negare che rendano l’idea, ma non è da trascurare il fatto che il ricorso a tali strumenti linguistici sottintende la miriade di problemi che si dovranno considerare nella fase due e tre. Perché l’intento malcelato è strumentale, quando tutto viene correlato al cosiddetto ritorno alla normalità, e cioè a come eravamo prima. C’è da scongiurare una simile eventualità, ma intanto l’idea si fa strada.
E si trascura volutamente che proprio i moduli esistenziali di prima ci hanno oggi fatto piombare in queste condizioni. Quando sarà, saremo di nuovo chiamati a scelte drammatiche. Come alla caduta del fascismo: c’era chi dicevache la dittatura era stata solo una parentesi e che per l’avvenire non c’era da fare altro che riprendere da dove lo stato liberale risorgimentale era stato bruscamente interrotto. E quello che è seguito non corrispose a quanto auspicato. La preoccupazione è già nelle parole, nelle metafore che si usano. Tutti oggi desiderano un mondo nuovo e diverso, ma quando incominceremo a costruirlo, se mai si incomincerà, viste le premesse, speriamo di non dover concludere con Marcuse che la realizzazione elimina le premesse e che i progetti realizzati non corrispondono a quanto era nei voti di ciascuno di noi.