“Conte sempre sotto tiro” di Enrico Esposito
di Enrico Esposito
Una ne fa e cento ne sbaglia. Il presidente del consiglio qualsiasi cosa dica, qualsiasi cosa faccia si attira critiche da tutte le parti. L’opposizione l’attende sempre al varco con il dichiarato intento di mandarlo a casa. E questo, come usa dire oggi, ci sta.
L’opposizione fa il suo mestiere ed è vano farle notare che in tempi d’emergenza sarebbe nell’interesse di tutti evitare contrapposizioni tali da portare ad una crisi dagli esiti imprevedibili, mentre si richiederebbe maggiore disponibilità al dialogo e al confronto. Ma Conte è nel mirino anche dei partiti che lo sostengono in parlamento. Insomma non glie ne va bene una. I decreti emanati per combattere il coronavirus potevano certo essere concepiti con meno restrizioni e meno costrizioni, ma una volta pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale vanno solamente osservati.
In sede di ratifica da parte del parlamento si vedrà quali proposte alternative potevano essere praticate. Ovviamente non manca chi, denunciante una deprimente ignoranza della Costituzione, invoca addirittura l’intervento del presidente Mattarella, chi denuncia con scandalo l’uomo solo al comando e persino chi invoca la dittatura per rispondere alle tante opposizioni manifestate contro il primo ministro. E c’è persino chi s’accorge con notevole ritardo che Conte non è stato eletto. Al pari di Ciampi e tanti altri, ma dov’è lo scaldalo? La nostra Costituzione non prescrive l’obbligo dell’elezione per guidare il governo o fare il ministro. Siamo o no una repubblica parlamentare?
Si eleggono deputati e senatori, non ministri e presidente del consiglio. Ma scendono in campo le forze produttive, industriali, artigiani, coltivatori, commercianti, tutti a lamentare le condizioni di crescente crisi economica. E qui è tutto vero: la crisi c’è, nessuno lo può negare. Fa solo specie che si richieda il sostegno dello Stato, a fondo perduto. E questo è tipico del capitalismo italiano, che un capitalismo assistito, dove pochi rischiano in proprio, ma attendono la manna dal governo. Se poi si aggiungono le tante esigenze prospettate dalle regioni, il quadro diventa sempre più complesso e difficile.
Per questo gli italiani siamo ingovernabili? Viene in mente un giornalista inglese che tempo fa scrisse: gli italiani sono tutti d’accordo sullo sciroppo da prendere, ma trovano il modo di litigare sulla forma del cucchiaino. E si potrebbe ricordare Francesco Cossiga che, da presidente della repubblica, pose il quesito su chi comanda in Italia in caso di guerra. Indro Montanelli con la sua penna carica di sarcasmo velenoso non fece mancare la sua risposta: io consiglierei di chiedersi chi obbedisce in caso di guerra…
La risposta arriva oggi da papa Francesco: tutti in questo periodo dobbiamo obbedire. E non è poco, senza con questo voler rinunciare al diritto di critica, anche aspro ma pur sempre legittimo. A patto che, come si diceva in Cina nel dopo Mao, non importa che il gatto sia nero o bianco, purché prenda il topo.