Il Consiglio di Stato ha deciso che le concessioni balneari non potranno essere prorogate dopo il dicembre 2023.
ROMA :: 10/11/2021 :: Il Consiglio di Stato, l’organo di secondo grado della giustizia amministrativa italiana, ha deciso la proroga fino al dicembre 2023 delle concessioni balneari, con l’obiettivo di «evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere». Dal 2024, ha fatto sapere il Consiglio di Stato, «anche in assenza di una disciplina legislativa» le concessioni «cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’Unione Europea».
La decisione arriva pochi giorni dopo che nell’approvare il disegno di legge sulla concorrenza (un ampio provvedimento che prevede varie misure per gare pubbliche, liberalizzazioni e tutele ai consumatori) il governo aveva scelto di rimandare la questione riguardante le concessioni pubbliche a venditori ambulanti e stabilimenti balneari, così come per oltre un decennio avevano fatto tutti i precedenti governi. È però dal 2006, anno in cui la Commissione Europea approvò la cosiddetta direttiva Bolkenstein, che il governo italiano dovrebbe liberalizzare le concessioni pubbliche, cioè i beni di proprietà statale come le spiagge o gli spazi demaniali occupati dagli ambulanti, per i quali dovrebbero essere organizzate gare pubbliche con regole equilibrate e pubblicità internazionale.
Il Consiglio di Stato ha comunicato che la sua decisione è stata presa per «garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza». Ha inoltre comunicato che, a partire dal 2024, «tutte le concessioni demaniali dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se vi sia – o meno – un soggetto subentrante nella concessione». La decisione è già stata criticata, tra gli altri, da Matteo Salvini, leader della Lega.