(di Mario Oliverio, ex presidente della Regione Calabria)
COSENZA :: 10/10/2022 :: La direzione del Pd ha in gran parte eluso i nodi politici e culturali che sono alla base della grave sconfitta del 25 settembre. In verità è stata per molti uno sfogatoio più che una occasione di riflessione e di analisi lucida ed oggettiva. C’è da augurarsi che, dopo lo sfogatoio, si trovi la lucidità, il coraggio e la lungimiranza per rimettersi con i piedi per terra, spogliarsi di rancori e personalismi per riaprire un serrato confronto su quella che avrebbe dovuto essere, e non è stata, la funzione di un grande partito riformista, ancorato ai valori del socialismo europeo, delle libertà, dei diritti e dei meriti, della giustizia e della inclusione sociale.
A parte poche disinteressate eccezioni, molti dei soggetti intervenuti è come se fossero scesi da Marte e non avessero alcuna responsabilità per la grave situazione determinata. Ministri, ex ministri, esponenti di primo piano con responsabilità di direzione e istituzionali, hanno dato più che l’impressione di svicolare, come se le responsabilità fossero sempre di qualcun altro. Magari pensando e sperando che si possa archiviare nell’oblio una batosta politica, prima ancora che elettorale, senza precedenti.
Sarebbe stato e sarebbe necessario un atto di responsabilità e di vera rottura delle logiche correntizie e personalistiche, a partire da una reale, franca ed onesta autocritica su come è stato gestito il Partito nel corso di questi anni, sui meccanismi di potere che ne hanno sclerotizzato la vita interna e mortificato il senso di comunità. Sulla gabbia correntizia che si è sostituita alla vita democratica, che ha umiliato i territori, piegato gli entusiasmi, allontanato le persone fino a provocarne rigetto ed ostilità.
Una sclerosi degenerativa che ha prodotto desertificazione e commissariamenti distruttivi, devastanti.
Quella degenerazione che è alla base della mancata volontà di cambiare la legge elettorale con il recondito e “nobile” intento di (auto)garantire la (ri)elezione in Parlamento del gruppo ristretto di comando. La stessa che si è espressa, con spregiudicatezza e senza rossore, nelle candidature blindate di mogli e mariti, di figli e fidanzate, nelle doppie candidature, sempre blindate, di personaggi mediocri, cosiddetti leader di corrente, privi di pensiero e di progetto politico.
Un grande soggetto riformatore per rialzarsi deve sapersi guardare dentro e, senza infingimenti, avere il coraggio e la forza di liberarsi da degenerazioni e da storture che ne hanno stravolto i connotati, distorto ed alterato la funzione, generato distacco dalla società. Deve essere capace di aprire porte e finestre a nuove energie facendole sentire realmente protagoniste della costruzione e realizzazione di un grande progetto di rigenerazione morale, di crescita economica, di riscatto sociale. Un progetto ancorato ai valori del socialismo europeo, delle libertà, del rispetto e della dignità della persona.
Questo Pd sarà capace della rigenerazione necessaria per proporsi come riferimento credibile nelle sfide gigantesche che attendono il campo delle forze progressiste e di sinistra? Sinceramente non so. Mi auguro di sì. Molto dipenderà dalla percezione che gli italiani, e in primo luogo il popolo della sinistra, avranno che la lezione è servita davvero per un profondo e reale cambiamento. Riconquistare la fiducia persa non è semplice. È una opera gigantesca che richiede motivazioni ideali, obiettivi programmatici, coinvolgimento e partecipazione, recupero di senso di appartenenza e valori improntati al bene comune. Rigore. Lealtà. Coerenza tra parole, fatti, condotte, comportamenti. Esattamente il contrario di quanto si è verificato in questi anni.