Autonomia differenziata: cosa c’è da sapere.
di Giuseppe Maradei
CATANZARO :: 11/07/2022 :: Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Maria Stella Gelmini, sta completando rapidamente e agli sgoccioli della legislatura, il Disegno di legge sull’autonomia differenziata, la cui prima stesura è del 28 aprile 2022.
Le riunioni sono tenute all’interno del ministero con la presenza dei soli governatori delle regioni del Nord (Toscana, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto).
All’art. 3 della bozza è indicato che su alcune materie, elencante all’interno dell’art. 14 della DECRETO LEGISLATIVO 6 maggio 2011, n. 68 (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2011;68), alle regioni possono essere attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia regionale. Le materie in questione sono:
- a) sanita’;
- b) assistenza;
c) istruzione;
d) trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale;
e altre materie sulle quali si dovesse trovare l’accordo; la Toscana vorrebbe introdurre anche l’energia e i beni culturali (https://t24.ilsole24ore.com/art/autonomia-differenziata-per-la-toscana-la-regione-ci-riprova).
Questa legge è stata scritta sulla scorta della modifica della costituzione introdotta con LEGGE 5 maggio 2009, n. 42 Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione. (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2009;42)
Già questa frammentazione di competenze, per le quali ogni regione può scegliere autonomamente gli indirizzi e la gestione, impedisce allo Stato, come entità nazionale, di decidere le politiche da attuare su quelle materie. In pratica ci saranno 20 staterelli all’interno della repubblica italiana.
La cosa più grave, però, è rappresentata dal comma 4 della bozza del DDL, all’interno del quale è scritto che:
“Le risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio da parte della Regione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono definiti dall’intesa di cui all’articolo 2 nei termini di spesa storica sostenuta dalle amministrazioni statali nella Regione per l’erogazione dei servizi pubblici corrispondenti alle funzioni conferite …..”
In pratica se lo Stato centrale su certe materie storicamente ha concesso di più a una regione, questa regione continuerà ad avere di più, fino a quando non saranno definiti i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), sanciti già dalla LEGGE 5 maggio 2009, n. 42 – Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, ma dopo 13 anni non ancora determinati.
Il criterio della spesa storica vuol dire, sostanzialmente, che chi ha storicamente avuto di più, continuerà ad avere di più. Contrariamente a quello che si pensa e si dice sui giornali e sui libri di storia, sono le regioni del Nord che hanno avuto di più dallo stato centrale; dice il 32° rapporto italia dell’Eurispes (https://eurispes.eu/pdf-reader/web/viewer.html?file=https://eurispes.eu/wp-content/uploads/2020/02/2020_rapporto_italia_eurispes.pdf) a pagina 31:
“Se della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere in percentuale alla sua popolazione, emerge che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma corrispondente sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro, netti (in media, circa 46,7 miliardi di euro l’anno)”
Inoltre, alla stessa pagina è riportato che:
“Analisi che certificano come, a proposito di spesa pubblica, siamo di fronte ad una situazione letteralmente capovolta rispetto a quanto comunemente creduto. Infatti, lo Stato italiano, ad esempio, nel 2016 spende 15.062 euro pro capite al Centro-Nord e 12.040 euro pro capite al Meridione. In altre parole, ciascun cittadino meridionale nel 2016 riceve in media 3.022 euro in meno rispetto a un suo connazionale residente al Centro-Nord. Per l’ultimo anno disponibile, il 2017, si rileva un’ulteriore diminuzione della spesa pubblica nel Mezzogiorno, che passa dai 12.040 euro pro capite a 11.929, mentre al Centro-Nord si riscontra un aumento dell’1,6% (la spesa sale da 15.062 a 15.297 euro). In altre parole, un residente del Sud Italia nel 2017 ha ricevuto mediamente 3.482 euro in meno rispetto a uno del Centro-Nord.”
In definitiva fino a quando non saranno definiti i LEP, le regioni del Centro-Nord potranno continuare a finanziare servizi molto più che al Sud e questa cosa comporterà nel tempo un aggravarsi del dualismo che attanaglia questo strano Paese.
Questo DDL, se approvato, sancirà la morte, di fatto della repubblica.
Lo stesso argomento è stato trattato nel Novembre 2019 dalla trasmissione Report, (https://www.raiplay.it/video/2019/10/Report-del-04112019-Divorzio-all-italiana-09078c04-1c89-4956-9305-bccb3bad1d20.html – dal minuto 14 in poi)
La convergenza su questo tema rende palese che, oggi in Italia, il potere è gestito da una lobby di individui che, indipendentemente dalla tessera di partito e dalla provenienza geografica, difende uno stauts quo che tutela gli interessi di un’area geografica, l’area tosco-padana, mantenendo in condizione di colonia il mezzogiorno.
Facciamo un appello a tutti i cittadini italiani, affinché si uniscano a noi in questa protesta, finalizzata ad evitare che questo sciagurato Disegno di Legge governativo sia presentato in parlamento. Gli accadimenti degli ultimi mesi, infatti, dimostrano che le due camere, ormai, sono popolate da individui che, pur di mantenere un lavoro e un lauto stipendio, sono disposti a vendere l’anima al demonio.