Belvedere Marittimo :: Unità d’Italia: l’intervento dell’Assessore Carlo Cesareo.
Ma l'unità effettiva, conclamata e celebrata nelle sedi ufficiali è mai avvenuta? Ai nostri giorni sembra che venga rimossa ogni giorno: da Nord a Sud. Potremo salvarla o ci rifugeremo nella solita ipocrisia che ci costerà cara per le notevoli somme investite? Le invettive della Lega Nord contro Roma definita “ladrona”, i cori razzisti negli stadi, il “sole delle alpi” nella scuola di Adro, l'insorgente richiamo all'Identità siciliana, clone dell'analogo richiamo leghista lombardo, sono segnali crescenti dell'insofferenza verso una Unità Nazionale. Cos'è che rende l'Italia, dopo 150 anni, un Paese ancora diviso, che non è in grado di festeggiare senza polemiche e faziosità il suo momento fondativo per eccellenza? Cosa manca, in altri termini, ancor oggi, all'Unità? Da quel fatidico 1861 le risposte date a questa domanda sono state molteplici: fra cui, via via,la mancanza di una lingua unitaria e di una alfabetizzazione universale, l'esclusione dal processo unitario delle masse popolari e dei contadini del Sud Italia in particolare, la mancata risoluzione della cosiddetta “questione meridionale”, presente da sempre nei programmi di tutti i governi succedutisi, aggravata di recente dall'insorgente “questione settentrionale”. Oggi, infine,la rimozione di siffatta domanda vorrebbe maldestramente esorcizzare spinte separatiste o velleità eversive: eppure essa va formulata ad alta voce ed a chiare lettere, perchè solo prendendo coscienza di quello che manca sarà possibile recuperare il gusto all'antico dell'Unità. Da questa rimozione derivano due “mancanze” che minano la reale unità del Paese: la condivisione di un'idea forte e la coscienza del tempo presente. I Padri dell'Unità non avevano la stessa idea del “Risorgimento” (Mazzini, Cavour; Garibaldi, tre nomi e tre strategie!), ne avevano però insieme,una chiara e forte:l'Italia una ed indivisibile! Era quello allora lo spirito del tempo: fatta l'Italia, occorreva fare gli italiani. Adesso la coscienza del tempo impone che gli italiani sappiano coniugare all'idea condivisa di identità operosa e libera, linguistica e civile, l'incisività morale delle scelte. Non vorrei dover ricordare grandi tragedie – dal Vajont a Gibellina, da Firenze all'Aquila, ai tanti morti delle calamità naturali ed a quelli causati dalla dabbenaggine degli uomini, dalla lotta al terrorismo a quella alle mafie, per trovare quell'identità morale, solidale e condivisa, in grado di costruire su basi solide lo spirito unitario del nostro tempo, a cui, invece, manca la coscienza del limite tra banalità del quotidiano e responsabilità della storia, che avevano sia i risorgimentali che i costituenti. Diversamente il centocinquantenario non sarà una festa, ma una vera tragedia.
Dott. Carlo Cesareo
Assessore Comunale di Belvedere Marittimo