COSENZA :: 09/03/2022 :: Un prodotto inconfondibile, dal sapore e profumo unico. E che rappresenta un testimonial ‘naturale’ di un’intera regione. E’ il peperoncino calabrese che, non colpito dalla crisi economica scatenata dalla pandemia, sta vivendo un periodo di ‘fuoco’, con una crescita sempre maggiore della produzione, ma anche della qualità con la ‘rincorsa’ al marchio Igp che segnerebbe il definitivo salto di qualità. Rincorsa al marchio Igp per il peperoncino calabrese che è stata portata avanti dal ‘Consorzio dei produttori del peperoncino di Calabria’, che ha presentato il disciplinare al Mipaaf, sostenuto da Cia Calabria. “Il Consorzio è nato nel 2016 -racconta ad Adnkronos/Labitalia Pietro Serra, presidente del Consorzio – e raggruppa oggi 47 aziende della regione che producono e trasformano il peperoncino. Possiamo dire che il Covid non ha fermato il peperoncino, che non conosce crisi. E quello calabrese è unico, per qualità organolettiche, per struttura della pianta, per sapore. Quest’anno saranno 70-80 gli ettari coltivati a peperoncino in tutta la Calabria, stiamo attraversando una fase di crescita e tante altre aziende si stanno associando. Diciamo subito che non è semplice perchè noi chiediamo agli associati il rispetto di diversi requisiti. La nostra è una filiera di qualità, che punta sulla sostenibilità e sulla crescita del biologico che nei prossimi anni sarà sempre più centrale”, sottolinea.
Ma quali sono i principali mercati di destinazione del peperoncino calabrese una volta lavorato? “Il 50% del peperoncino prodotto in Calabria, viene acquistato da una società del gruppo Unilever, trasformato in spezia, e va a finire nei Paesi Bassi, dove c’è un grande consumo e viene utilizzato per salse e condimenti. Purtroppo spesso le persone non sanno che si tratta di peperoncino calabrese. L’altro 50% prodotto invece finisce nelle conserve e nei salumi prodotti in Calabria e in Italia”, spiega Serra. Un prodotto unico, ma ancora poco valorizzato. “Purtroppo il peperoncino calabrese soffre tanto della concorrenza sleale di altri prodotti che arrivano da Cina, Tunisia, India e altri paesi. Prodotti che, pieni di coloranti e conservanti, realizzati in condizioni igieniche non verificabili, che arrivano in Italia nei container e che costano 3 euro al chilo. Il peperoncino calabrese, trasformato in spezia, costa venti euro al chilo. Basti pensare che per produrre un chilo di peperoncino in spezia servono 100 chili, un quintale, di prodotto di prodotto fresco. Poi ci sono tutti i costi di imballaggio, trasporto e altro”, rimarca il presidente del Consorzio. La svolta potrebbe arrivare con l’assegnazione del riconoscimento Igp. “A settembre-ottobre -spiega Serra- dovremmo saperne di più, speriamo di poterci fregiare di questo riconoscimento che darebbe più valore sul mercato al prodotto. Siamo in contatto con il ministero e con l’assessore regionale all’Agricoltura Gianluca Gallo che per primo, nella politica, ci ha sostenuto in questa strada”, sottolinea.
Ma oltre all’Igp è necessario anche altro per valorizzare al meglio il peperoncino di Calabria. “Il governo deve intervenire per impedire che in Italia arrivi peperoncino in salamoia ad esempio da Tunisia e Egitto, pieno di coloranti e conservanti. Noi non li possiamo usare, e siamo d’accordissimo a non farlo, ma è paradossale che poi in Italia arrivino prodotti di questo tipo. E poi secondo noi nei prodotti in cui viene inserito il peperoncino si dovrebbe indicarne la provenienza, come avviene ad esempio per il latte”. E poi “abbiamo il problema della manodopera. Nessuno vuole più andare a lavorare nei campi e il peperoncino non si può raccogliere meccanicamente, tutto deve avvenire ancora a mano come un tempo”, spiega Serra. Le speranze di crescita delle filiera sono comunque legate all’istituzione dell’Igp “che sarebbe un giusto riconoscimento a una coltura, importante, e che per nostra specifica richiesta riguarderebbe tutta la Calabria, non solo determinate zone. Sarebbe un fatto storico nelle Igp”, conclude il presidente del Consorzio. E i produttori di peperoncino calabresi non sono soli in questa rincorsa, come spiega ad Adnkronos/Labitalia l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo. “Noi stiamo sostenendo i produttori per il raggiungimento dell’Igp, per il quale siamo in collegamento sia con loro che con il ministero. Questa attività è già un primo risultato a sostegno della filiera di un prodotto che noi consideriamo come marcatore del territorio insieme ad altri prodotti calabresi. Non possiamo supportare la filiera con il Psr perchè si tratta di una coltura stagionale, ma lo facciamo e lo faremo con attività promozionali. Ma la svolta è l’Igp: aumenta il valore del prodotto”, conclude l’assessore.
E a fare rete sul territorio con i produttori è anche la Cia Calabria, impegnata da tempo nel contrasto all’attività sleale di prodotti che arrivano da altri Paesi. “Quella del peperoncino in Calabria -rimarca ad Adnkronos/Labitalia Mario Grillo, vice presidente di Cia Calabria- è una filiera in continua crescita, e con margini di miglioramento enormi, anche grazie alla spinta da parte della Cia Calabria per il riconoscimento dell’Igp peperoncino calabrese”. “Ed è un occasione unica -sottolinea ancora- perchè si può dare più margine alle aziende agricole. Le caratteristiche organolettiche del peperoncino calabrese sono uniche e il riconoscimento Igp non è solo un pezzo di carta ma indica la salubrità e le qualità del territorio in cui viene prodotto”, sottolinea ancora. E il peperoncino calabrese “quando viene usato nei nostri salumi, nelle nostre conserve dà ancora più valore ai prodotti, nell’ottica di valorizzare tutti gli elementi di un’economia circolare”, conclude Grillo.