Grisolia: Francesco Papa, “Le nostre strade non sono sicure”.
GRISOLIA :: 05/02/2013 :: È caduta nel vuoto la vicenda di Daniel, ventiquattrenne di nazionalità romena che venerdì scorso mentre pedalava sulla sua bicicletta per la statale SS18 ha urtato una tabella pubblicitaria ed è stato sottoposto ad una delicata operazione chirurgica. L’incidente occorso a questo ragazzo poteva essere un’importante occasione di riflessione su due temi fondamentali: la sicurezza stradale e la sanità. Invece, forse perché in questi giorni si è troppo occupati a seguire i venti della politica nazionale, la brutta avventura di Daniel è rimasta un incidente come tanti, senza spunti di ragionamento.
Intanto la vicenda ha evidenziato che le nostre strade non sono sicure e non solo per le condizioni dell’asfalto di cui ci si è più volte lamentati in quest’ultimo periodo. La nostra statale è pensata esclusivamente per gli automezzi, nessuna area è dedicata a mezzi di locomozione alternativi come le biciclette, eppure chi viaggia quotidianamente su di essa avrà notato come i ciclisti, sia quelli che usano la bicicletta in ottica sportiva sia quelli che la usano come unico mezzo di trasporto, negli ultimi anni sono aumentati esponenzialmente, questo per vari motivi che in questa sede è inutile analizzare, ma ciò che solo i ciclisti possono notare è proprio l’inadeguatezza della nostra statale per l’uso delle biciclette.
Avere piste ciclabili parallele alla SS18 non è soltanto un’esigenza dei ciclisti della zona, ma è soprattutto un segno di civiltà e di sviluppo, se pensassimo che due delle regioni italiane a maggiore vocazione turistica (l’Emilia-Romagna e il Trentino) puntano sulle piste ciclabili come a qualità insostituibili per la loro offerta turistica ci ritroveremmo davanti a tutta la nostra incapacità di trasformare il territorio in risorse. I ciclisti che percorrono la nostra statale anziché le piste ciclabili si trovano davanti a buche da evitare, a slalom attraverso le auto parcheggiate selvaggiamente, a cartelloni pubblicitari che sbucano dal ciglio della strada, ad automobilisti che hanno troppa fretta e poco rispetto per loro. La politica deve dare risposte anche in questo.
Poi c’è la questione sanità, anche un incidente banale può diventare assai pericoloso se non si interviene tempestivamente, il ragazzo è stato subito soccorso dai passanti ma le sue condizioni necessitavano di un intervento che nella zona nessun ospedale era in grado di assicurare. Addirittura è stato operato a Catanzaro, vale a dire a centocinquanta chilometri di distanza dal luogo dell’incidente, non sono numeri da paese civile.
Purtroppo la spoliazione dei nostri presidi ci porta a queste situazioni che sono al limite del paradossale, anche perché non è possibile credere che la chiusura degli ospedali porta ad un risparmio economico se poi per ogni intervento un po’ più complicato deve levarsi in volo un elicottero e fare trecento chilometri, centocinquanta all’andata e centocinquanta al ritorno, e comunque nessun risparmio economico potrà mai essere equiparato al valore anche solo di una vita umana.