Lo Snodo :: LÄôEuropa ?® sempre attuale, a dispetto di xenofobi ed euroscettici.
di Enrico Esposito
Tutto sta nel chiedersi quali anticorpi l’Unione può ritrovare in se stessa per recuperare il tempo perduto. I ritardi di cui si diceva sono essenzialmente di natura culturale. E risiedono nel non essere riusciti a superare l’ostacolo più insidioso, quello dei rigurgiti nazionali e delle resistenze localistiche ed etniche. Chi oggi scommette su un’Europa chiusa e arroccata nella difesa della propria identità trova consensi nel voto popolare, anche se, per fortuna, non ancora maggioritari. L’Europa come entità politica sovranazionale, l’Europa come società aperta al confronto con le altre civiltà, specie mediterranee, trova ancora molte resistenze. Il rigetto della visione europea dei padri fondatori, da Altiero Spinelli ad Alcide De Gasperi a Robert Schuman e via elencando, si annida nel ritorno alle piccole e asfittiche patrie locali connotate dalla difesa gelosa delle condizioni di sicurezza e di benessere di circoscritte realtà provinciali, come la Padania o la Carinzia. Un tempo si parlava di socialismo in un solo paese, oggi si parla senza reticenze di progresso e viluppo in una sola parte di paese. Non è un passo indietro? E se il gambero europeo oggi appare addirittura più veloce, non è perché si continua a credere che fondare regole solo per il mercato, le banche e gli scambi commerciali sia sufficiente a unificare L’Europa dei popoli? Finché il concetto di nazione continuerà a prevalere sull’idea di unità europea, ci sarà sempre spazio per gli euroscetttici e gli xenofobi. Fino a che nelle scuole si insegnerà la storia della nazione a preferenza della storia dell’Europa non potrà venire dalle nuove generazioni nessun impulso all’unificazione reale dei popoli europei e alla costruzione della Federazione europea. Non è bastato l’allargamento fino a 27 Stati dell’attuale Unione Europea. Anzi proprio dagli Stati di recente associazione è venuto il maggior consenso alle pulsioni nazionalistiche e localistiche. Non sarà tempo di riprendere a lavorare per un’Europa capace di darsi organismi unitari in materia di politica estera e di difesa? Bisognerà pure aiutare gli europei a percepire l’Unione come un’entità politica reale, in grado di proporsi a livello internazionale come interlocutore privilegiato nella difficile battaglia per la pace e per il superamento della crisi economica mondiale. Per questo obiettivo la battaglia culturale è improcrastinabile. Se fosse possibile parlare degli antichi greci, come chiedeva De Sica in un famoso film anni Cinquanta, potremmo recuperare il significato autentico del termine “europeo” e ricordare, per incominciare, che Omero chiama Giove europs, cioè colui che vede largo e vede lontano. Esattamente il contrario delle pretese nazionali e locali, attestate sulla ristrettezza di veduta e sull’incapacità di disporsi al confronto ad ampio spettro con le culture definite altre.