SCALEA :: 07/01/2022 :: Tra gli obiettivi d’investimenti primari del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ci sono quelli di agevolare l’accesso ai servizi sanitari, educativi e culturali di qualità, abbattendo qualsivoglia divario tra le due realtà del Paese. Sanità e scuola sono gli argomenti su cui ci si è confrontati maggiormente in questi ultimi due anni a causa della pandemia. A maggior ragione in quella parte del Paese che ancora soffre dell’iniqua distribuzione delle risorse che ha portato alla sperequazione e alla mancanza di equità nei servizi essenziali. Bene ha fatto il presidente Occhiuto a scrivere al Draghi, per conoscere il futuro delle infrastrutture calabresi e l’esatta individuazione degli investimenti relativi alle reti ferroviarie e alle azioni inserite nel PNRR. La richiesta di esplicitare in maniera ufficiale il cronoprogramma che RFI ha intenzione di portare avanti sul potenziamento della rete ferroviaria e che, quindi, tocca anche il Tirreno cosentino, ha sicuramente la sua importanza, per l’intera Calabria e in particolar modo per un territorio come il nostro. C’è però un’altra “questione” che assume dell’incredibile e scade nella nella vergogna più assoluta, su cui come rappresentante di Italia del Meridione e come vicesindaca di un comune del Sud, Scalea, voglio richiamare l’attenzione. Quella relativa al servizio degli asili nido, dove il sud ricade in quel perpetrato inganno che: “se non hai asili nidi in un territorio e perché non ne hai bisogno” e dove ancora la spesa storica la fa da padrone. Più volte siamo intervenuti come Movimento su quest’ambito. Come riportato nell’ultimo report di OpenPolis, in collaborazione con la società pubblica Sose, si legge: “Se nei comuni toscani ed emiliano-romagnoli (in media) l’offerta comunale copre oltre il 20% dei minori, in quelli del sud la quota si ferma al 5 per cento. E per gli enti di Campania e Calabria la quota media si attesta anche sotto questa soglia”. Inoltre, il gap si evince da un altro parametro: le modalità di erogazione del servizio. In alcune regioni, come Calabria, Marche e Basilicata, in media oltre il 50% degli utenti del servizio comunale lo frequenta in gestione esterna, cioè in nidi a gestione privata, con riserva di posti in convenzione. In Piemonte e in Liguria sono meno del 20 per cento. Nei comuni di questi due territori, così come in Molise, Puglia, Lombardia, Veneto e Campania, una quota superiore alla media italiana delle regioni a statuto ordinario accede al servizio tramite voucher”.
Ad alzare la voce sulle storture del primo bando presentato ad agosto, anche il segretario federale IdM Orlandino Greco, dove persino a Milano e poi Torino, Genova, Parma, Varese e Novara, erano stati inseriti tra i Comuni svantaggiati e beneficiari di speciali finanziamenti in base alle graduatorie pubblicate dal Ministero dell’Istruzione. La stessa ministra per il Sud e Coesione territoriale, Mara Carfagna, in merito ha assunto una chiara posizione, è sostenne che attraverso un esplicito vincolo di destinazione territoriale i comuni del Sud sarebbero stati aiutati a competere ad armi pari con quelli del resto del Paese. “Grazie a lei, quel 33% posto come obiettivo europeo, è diventato legge dello Stato con valenza costituzionale, nel rispetto quindi dei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni”. Certamente un passo avanti, ma che non basta e non risolve né la questione né il gap del ‘maltolto’, a volte ‘estorto’ al Mezzogiorno. Tant’è che, così come riporta l’ultima inchiesta di Marco Esposito sul Mattino, le cose continuano a muoversi nella stessa direzione. Perché, basandosi sempre su calcoli statistici che sono gli stessi della spesa storica, quel 33% le regioni del Sud lo raggiungerebbero nel 2035. Ci troviamo, quindi, nuovamente di fronte ad un inganno che penalizza non soltanto i servizi alla prima infanzia ma chiama in causa lo sviluppo stesso d’intere aree del Paese, che non solo si vedono negati un diritto, rimarcato oggi ma già presente nell’articolo 117 della Costituzione, ma continuano a soffrire delle mancanza di opportunità, come quella dell’occupazione femminile. Altro argomento che come IdM stiamo portando avanti con proposte e impegni concreti.
Sugli asili nido, i calcoli esatti sono riportati da Gianfranco Viesti che sottolinea come: “invece di costruire gli asili nido necessari in base alla situazione attuale con 450.000 bambini meridionali su 1.271.000 si passa a 399 mila su 1.261.000. In pratica si fanno sparire 50.000 bambini meridionali che ricompaiono miracolosamente nelle regioni del Nord, soprattutto in Lombardia e Veneto, perché i loro genitori se le cose non cambieranno sono predestinati a partire. E nel 2035 troveranno un bel nido costruito al Nord con i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Questi, dunque, i fatti su cui non è più consentito tacere e che invece necessita di un’azione corale da parte di tutte le regioni del sud. Il problema sostanziale oggi è assicurare sì l’uniformità di servizi attraverso quel principio riconosciuto dalla Costituzione della perequazione ma per far ciò bisogna abbattere quei divari accumulati nel tempo e che necessitano d’interventi atti al recupero del gap dei fabbisogni standard, vincolati ancora alla spesa storica e con la deduzione che se i comuni del sud nel tempo non hanno aperto gli asili nido o istituito il servizio di trasporto scolastico o pubblico e perché non ne hanno bisogno. Per una giusta ripartizione delle risorse è necessario dunque ricalcolare i fabbisogni standard di riferimento evitando l’ennesima beffa e l’ennesimo impianto assistenzialistico che non risolve le questioni di fondo. Più volte, come Italia del Meridione, abbiamo posto l’urgenza di intervenire in maniera chiare a e netta, sollecitato azioni definitive e non più soltanto ‘contentini’ del momento. Oggi alla necessità si unisce quella grande opportunità, attraverso il PNRR, di realizzare una grande stagione di interventi straordinari per la ripresa del Mezzogiorno e abbattere realmente quei divari che hanno compromesso non soltanto la crescita e lo sviluppo del Meridione ma dell’intero Paese.
Ecco perché, come Italia del Meridione, chiediamo al Presidente Occhiuto di farsi carico anche di questo intervento. Sia la Calabria portavoce per tutto il Sud, di una questione che tocca il futuro stesso delle nostre regioni, perché penalizza proprio le nuove generazioni. Mi rivolgo, anche, come forza politica e come amministratore, a tutti i rappresentanti istituzionali dei piccoli comuni, che soffrono della mancanza di un servizio primario come questo, di unirsi alla nostra battaglia. Nel Piano Sud 2030 le azioni maggiori sono rivolte ai giovani, partendo proprio dal contrasto alla povertà educativa minorile che passa attraverso la rimozione degli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Partiamo allora da qui, per riportare realmente il Meridione tra le priorità dell’agenda politica del governo. Ce lo chiede la nostra terra, ce lo chiedono i nostri figli!